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Approfondimenti Emoglobina: tutto su cause, gravidanza, sintomi, rimedi, esame, rischi, tracce e valori normali alti o bassi.

Anemia da sport: sintomi e cosa fare

L’anemia da sport è un argomento interessante, esistono pareri diversi sull’individuazione di questa condizione, ad esempio alcuni considerano la presunta “anemia da sport” non una vera e propria anemia, ma invece una pseudoanemia, un adattamento dell’organismo dell’atleta legato all’esercizio sportivo.

L’anemia da sport si riferisce ad un periodo di allenamento avanzato, in cui gli atleti possono sviluppare un basso livello di emoglobina nel sangue, e probabilmente manifestano un normale adattamento all’allenamento fisico. E’ uno stato clinico definito da un basso livello di emoglobina in chi fa sport. Vari specialisti la chiamano l’emolisi da sforzo.

La rottura dei globuli rossi, e la conseguente fuoruscita dell’emoglobina, determinano l’anemia nell’atleta.

Ciò si riscontra in vari sport, dalla danza aerobica, nell’attività con i pesi (fonte) e a volte può accadere anche nel nuoto (fonte). Dunque, questa condizione anemica è da considerarsi fisiologica in soggetti che esercitano una continua attività fisica e non necessita di nessun tipo di intervento correttivo. Il principale indiziato nei casi di anemia è il ferro, quindi è necessario verificare alcuni parametri clinici, la sideremia, la ferritina e la transferrina.

In un atleta di fondo l’apporto di ferro dovrebbe aumentare fino ai 17-23 mg/die. Si valuta che una regolare alimentazione apporta circa 6-7 mg di ferro ogni 1000 Kcal. Ci sono alcuni fattori in grado di diminuire o aumentare l’assorbimento di ferro. L’attività sportiva è capace di incrementare le perdite di questo prezioso metallo.

Anemia da sport: le possibili influenze

L’allenamento sportivo aumenta il volume del sangue e, con il fluido aggiunto, il numero di globuli rossi per unità di sangue diminuisce. Il conteggio temporaneo ridotto dei globuli rossi, osservato all’inizio dell’allenamento, si risolve da solo dopo un certo periodo di tempo.

Il ferro può essere influenzato dall’esercizio fisico in diversi modi. Una probabilità è che il ferro venga perso nel sudore, tuttavia gli atleti sudano di più delle persone sedentarie.

Un’altra possibile via per la perdita di ferro, è la distruzione dei globuli rossi. Le cellule del sangue vengono schiacciate quando i tessuti del corpo (come le piante dei piedi) creano un contatto di grande impatto con una superficie inflessibile (come il terreno). Inoltre, almeno in alcuni atleti, l’attività fisica può causare piccole perdite di sangue attraverso il tubo digerente.

In terzo luogo, l’assunzione abitualmente bassa di cibi ricchi di ferro, combinata con perdite di ferro aggravate dall’attività fisica, porta a carenza di ferro in individui fisicamente attivi. La carenza di ferro compromette le prestazioni fisiche perché il ferro è fondamentale per il trattamento dell’ossigeno da parte dell’organismo. Poiché una conseguenza dell’anemia sideropenica è compromessa dal trasporto di ossigeno, la capacità di lavoro aerobico sarà ridotta perché la persona è probabile che si stancherà facilmente.

L’assorbimento di ferro, dipende anche da diversi fattori fra cui la produzione acida dello stomaco e l’integrità della mucosa intestinale. Più del 20% del ferro EME(Fe 2+ )  inserito con l’alimentazione viene assorbito a livello intestinale, invece meno del 5% del ferro non EME(Fe 3+ ) viene assimilato. Quest’ultimo si trova nei vegetali, nei cereali, nella frutta e nelle uova. Il ferro EME si trova nella carne e nel pesce.

A parte l’alimentazione, è anche rilevante modificare gli orari, difatti tante persone hanno ottimizzato la loro digestione modificando sia l’ora dei pasti e nel caso quella degli allenamenti.

Per vivere bene il vostro sport, è importante dare il meglio di sé, ma senza esagerare, facendo attenzione a riguardare l’organismo. Solitamente chi pratica sport a certi livelli, richiede troppo, per questo motivo il consiglio è sempre quello di “ascoltare il proprio organismo”. Si raccomanda di non sottovalutare qualsiasi sintomo e di far sempre presente al proprio allenatore dei segnali lanciati dal vostro corpo.

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Diagnosi e terapia dei disturbi dell’equilibrio

I disturbi dell’equilibrio riguardano più soggetti di quanto sia soliti pensare, con questa etichetta infatti definiamo una serie di problematiche diverse, anche molto distanti tra loro, che necessitano di trattamenti ad hoc. Tutto parte ovviamente da un’adeguata diagnosi, da sconsigliare quindi la (troppo) diffusa pratica di un’autodiagnosi, elaborata magari tramite sessioni di ricerca su Google. Per riconoscere e risolvere problematiche che hanno impatti tanto rilevanti sulla vita quotidiana, serve l’ausilio di un professionista, come conferma http://www.otoperforma.it/, occorre una persona che abbia formazione teorica ed operativa per riconoscere le cause di un sintomo e pianificare un piano d’intervento volto a migliorare la condizione del paziente. Diagnosi e terapia dei disturbi dell’equilibrio non sono cose da affidare a persone improvvisate, con questo articolo cerchiamo di fare chiarezza in modo da indirizzare i pazienti verso una scelta più consapevole.

Disturbo dell’equilibrio: le tipologie

Come abbiamo già accennato, sotto l’etichetta di disturbi dell’equilibrio sono comprese varie problematiche, una categorizzazione diffusa le divide in due tronconi. Il disturbo statico riguarda la sensazione da parte del paziente di avvertire movimento benché si trovi in situazione di stasi, il disturbo dinamico invece consiste nel vacillare durante il movimento. Entrambi le situazioni si traducono in una forte sensazione di disagio per il paziente, malessere psicofisico che porta a enormi difficoltà nell’interazione con lo spazio circostante e la percezione di sé nello spazio. Sono problematiche da affrontare in maniera integrata, senza trascurare gli aspetti di natura psicologica, cruciali per il buon esito di un percorso riabilitativo.

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Come riconoscere disturbi dell’equilibrio

Il paziente non può chiaramente fare luce sulle cause che originano il problema, il punto di vista soggettivo si concentra sui sintomi che vanno a inficiare la qualità della vita. Uno dei sintomi più diffusi è quello di vertigine, spesso accompagnato dalla sensazione di non potersi muovere senza cadere. Frequenti anche nausea e vomito, vista offuscata e problemi di disorientamento. Un ventaglio ampio di sintomi, che possono presentarsi singolarmente o andare a costituire un quadro strutturato, rendendo ancora più complessa la relazione tra il paziente e la condizione nella quale, suo malgrado, si trova.

I motivi

Sono molteplici le possibili cause, visto che le funzioni legate all’equilibrio sono gestite da diverse variabili. Spesso il problema riguarda l’orecchio, in particolare l’apparato vestibolare, ciòè l’organo direttamente preposto al controllo dei parametri connessi con il mantenimento dell’equilibrio. Tra le possibili cause anche patologie neurologiche quali il morbo di Parkinson o patologie circolatorie. Necessario dunque un accurato controllo sulla storia clinica del paziente, cercando di fare luce su ogni aspetto della sua vita e il suo stato di salute.

I dati che abbiamo riportato di puro carattere informativo, giusto infatti ricordare come il sistema dell’equilibrio nel nostro corpo sia particolarmente articolato con una complessa interazione di strutture complesse che, congiuntamente, consentono l’orientamento. Coinvolti in tale processo ci sono gli organi visivi, i nuclei della base del cervello, il cervelletto, numerose terminazioni nervose muscolari e, come già affermato, l’apparato vestibolare. Ed è proprio l’orecchio a essere infatti il centro più delicato per quanto riguarda la gestione dell’equilibrio.

La complessità di questo scenario rende non sempre agevole il riconoscimento delle cause, alcune problematiche possono anche essere causate da situazioni traumatiche, pensiamo a traumi riguardanti la colonna cervico-dorsale (colpo di frusta). Da non sottovalutare neppure i problemi connessi a sensazioni sgradevoli quando ci si trova in siti elevati, le cosiddette vertigini da altezza. In questo caso non ci troviamo dinanzi a patologie, il trattamento dovrà essere necessariamente diverso.

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Aterosclerosi: una malattia pericolosa ma sottovalutata

Si tratta di un indurimento e di un restringimento delle arterie che vengono, così, bloccate. Questo mette a rischio il flusso sanguigno ed è la causa che provoca attacchi cardiaci, ictus e problemi vascolari. L’insieme di queste problematiche sono chiamate malattie cardiovascolari.

Le arterie hanno la principale funzionalità di condurre il sangue dal cuore. Il danno al loro rivestimento cellulare è la causa che provoca la condizione conosciuta come aterosclerosi, definibile – come sopra – quale uno scenario di restringimento delle arterie.

Le arterie sono infatti a contatto con un sottile strato di cellule che le mantiene lisci e che permettono al sangue di fluire facilmente, l’endotelio. Quando l’endotelio si danneggia, il colesterolo si accumula nella parete dell’arteria rendendo più difficile lo scorrere del sangue: il nostro organismo reagisce allora inviando una particolare tipologia di globuli bianchi per “pulire” il colesterolo in eccesso. Capita però che, a volte, le stesse cellule rimangono bloccate nel sito interessato.

Nel corso del tempo, questa situazione può favorire l’accumulo di placca composta proprio da colesterolo, macrofagi, calcio e altre sostanze presenti nel sangue. A volte, la placca smette di crescere, permettendo così all’individuo di svolgere una vita senza problemi. Altre volte però la placca intasa l’arteria, interrompendo il flusso di sangue intorno al corpo. Ciò rende più probabile la formazione di coaguli di sangue, che possono comportare condizioni potenzialmente letali.

Sintomi

I primi segni di aterosclerosi possono iniziare a svilupparsi durante l’adolescenza, con striature di globuli bianchi che appaiono sulla parete dell’arteria. Molto spesso, non ci sono sintomi fino a quando non si rompe una placca, o il flusso sanguigno è molto limitato, richiedendo così molti anni per verificarsi.

I sintomi dipendono da quali arterie sono interessate.

Nel caso di arterie carotidi, che forniscono sangue al cervello, un afflusso di sangue limitato può causare un ictus. Una persona interessata può dunque manifestare una serie di sintomi quali debolezza, respirazione difficoltosa, mal di testa, intorpidimento facciale, paralisi.

Nel caso di arterie coronarie, il dolore al petto può essere un sintomo di aterosclerosi. Le arterie coronarie forniscono infatti sangue al cuore, e quando l’apporto di sangue al cuore è limitato, è possibile andare incontro a angina e infarto.

I sintomi includono:

  • vomito;
  • ansia estrema;
  • dolore al petto;
  • tosse;
  • sentirsi svenire.

Nel caso poi di arterie renali, che forniscono sangue ai reni, se l’afflusso di sangue si riduce, esiste un serio rischio di sviluppare una malattia renale cronica. La persona con blocco dell’arteria renale può sperimentare:

  • perdita di appetito;
  • gonfiore delle mani e dei piedi;
  • difficoltà di concentrazione.

Diagnosi dell’aterosclerosi

Le opzioni per trattare l’aterosclerosi sono molto varie, e comprendono cambiamenti nello stile di vita, l’assunzione di farmaci e interventi chirurgici. In ogni caso, è importante che un medico diagnostichi tempestivamente e correttamente l’aterosclerosi per assicurarsi che le arterie siano riportate alla piena capacità.

In particolare, coloro che sono a rischio di sviluppare aterosclerosi dovrebbero essere monitorati periodicamente, perché i sintomi non si mostrano fino a che si sviluppa la malattia cardiovascolare. Una diagnosi sarà basata sulla storia medica, i risultati delle analisi del sangue e un esame fisico.

In particolar modo, le analisi del sangue misureranno quanti zuccheri, grassi e proteine ​​ci sono nel sangue. Se ci sono alti livelli di grassi e zuccheri, ciò potrebbe indicare un aumento del rischio di aterosclerosi. Per quanto concerne invece l’analisi fisica, il medico “ascolterà” le arterie usando uno stetoscopio per vedere se c’è un insolito suono “sibilante” a causa del flusso sanguigno irregolare. Se questo viene sentito, può significare la presenza di una placca che ostruisce il flusso sanguigno.

Tra gli altri sintomi fisici, potrebbe esserci un polso molto debole sotto l’area dell’arteria che si è ristretta, oppure una pressione arteriosa anormalmente bassa sull’arto interessato. Potrebbe anche verificarsi un rigonfiamento pulsante dietro il ginocchio o nell’addome, a indicare la presenza di un aneurisma. Dove il flusso di sangue è limitato, le ferite possono anche non guarire correttamente. L’uso di ultrasuoni e TAC potrà completare la diagnosi.

Trattamento

La gamma di trattamenti per l’aterosclerosi comprende:

  • cambiamenti nello stile di vita: si concentrano sulla gestione del peso, sull’attività fisica e su una dieta sana. Un medico può raccomandare di mangiare cibi ricchi di fibre solubili e limitare l’assunzione di grassi saturi, sodio e alcol;
  • farmaci: i farmaci antipiastrinici possono prevenire l’accumulo di placca o aiutare a prevenire la formazione di coaguli di sangue. Altri, come le statine, potrebbero essere prescritti per abbassare il colesterolo e gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) possono aiutare a ridurre la pressione sanguigna;
  • chirurgia: i casi gravi di aterosclerosi possono essere trattati con procedure chirurgiche, come l’angioplastica o l’innesto di bypass delle arterie coronarie (CABG). L’angioplastica comporta l’espansione dell’arteria e l’apertura del blocco in modo che il sangue possa scorrere di nuovo correttamente. CABG è un’altra forma di intervento chirurgico che può migliorare il flusso di sangue al cuore utilizzando arterie da altre parti del corpo per bypassare un’arteria coronaria ristretta.

Le cause

Tutto questo viene focalizzato sulle arterie. Sono vasi sanguigni che trasportano il sangue dal cuore verso tutto il corpo. Sono rivestite da un sottile strato di cellule, chiamato endotelio, che lavora per mantenere l’interno delle arterie tonico e liscio. Ed è proprio questa condizione ideale che permette al sangue di scorrere liberamente.

L’aterosclerosi inizia con un problema all’endotelio causato da molteplici cause: alta pressione, fumo, colesterolo alto. Questi portano alla formazione di placca la quale blocca l’arteria. Ma come è possibile? Il colesterolo attraversa l’endotelio danneggiato ed entra nella parete arteriosa. Ciò fa sì che i globuli bianchi lo inglobino e, con il passare degli anni, questo particolare insieme diventa placca.

La placca crea uno strato sulla parete dell’arteria. Come l’aterosclerosi progredisce, lo strato cresce. E quando si ingrandisce abbastanza, può creare un blocco. È un processo che si protrae in tutto il corpo, di conseguenza non solo il cuore sarà a rischio ma ci sono alte probabilità di subire un ictus e altri problemi di salute.

In genere, l’aterosclerosi non si fa vedere fino al raggiungimento della mezza età. C’è, ma non presenta sintomi. Infatti, quando il restringimento delle arterie si fa più serio, può soffocare il flusso di sangue e provoca dolore. Inoltre, i blocchi possono anche rompersi all’improvviso, causando un coagulo di sangue all’interno.

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Perdita di peso e metabolismo

Sempre più persone cercano di migliorare il proprio stile di vita facendo movimento, adottando una dieta più salute e lo fanno soprattutto per recuperare un peso forma e in previsione della prova costume. La paura della prova costume può essere un’ottima idea per andare incontro ad uno stile di vita sano, sia per perdere i chili di troppo e piacersi di più ma anche per promuovere una migliore salute generale.

Bisogna però seguire una dieta personalizzata sulla base della condizione individuale e del metabolismo.
Ad esempio bisogna capire qual è il rapporto con l’energia che entra nel nostro corpo e quella che esce. Ognuno di noi è diverso dall’altro sia per costituzione fisica e genetica sia per stile di vita (orari in cui si assumono gli alimenti, eventuale attività sportiva,ecc.) sia per metabolismo.

Che cos’è il metabolismo e come funziona

Il metabolismo basale è ciò che il nostro organismo consuma e spende in energia mantenendo le funzioni vitale. È  l’insieme di tutti i processi metabolici necessari a tenerci in vita.

Metabolismo generale si intende la somma di tutti i processi metabolici necessari per farci fare tutte le normali attività che portiamo avanti quotidianamente.

Ad esempio se noi ci esponiamo al freddo, durante l’inverno, il metabolismo si riattiva e bruciamo più calorie, purtroppo questo non accade più perché le nostre case e gli ambienti di lavoro abbiamo delle temperature elevate, tendiamo a coprirci sempre di più e quindi perdiamo l’occasione di accelerare il metabolismo e bruciare più calorie.

Per spiegare il funzionamento del metabolismo e la condizione necessaria a bruciare le calorie dobbiamo differenziare tra tessuto adiposo bruno e tessuto adiposo bianco.

Sinteticamente possiamo dire che il tessuto adiposo bianco tenda a “risparmiare” energia mentre quello bruno a “bruciare” sotto forma di calore.

Ad esempio se abbiamo un po’ di freddo, possiamo trasformare il tessuto adiposo bianco in tessuto adiposo bruno e quindi andiamo a bruciare calorie. Ma se invece tendiamo a coprirci il più possibile questo non accade. Se ci copriamo troppo non produciamo il tessuto adiposo bruno che serve a bruciare calore e produrre calore.

Ma come bisogna fare per perdere peso e come partire? Al nastro di partenza ognuno di noi è diverso, prima di tutto su base genetica, ma dipende anche dall’età e possiamo partire dal girovita. Il consiglio è di misurare il girovita e verificare se siete al di sopra di 94 cm per la donna e di 80 cm per l’uomo allora bisogna fare qualcosa, non solo per un fatto estetico, ma per il fatto che il tessuto adiposo e il girovita abbondante può essere la misura di patologie più gravi, come ad esempio la sindrome metabolica.

La sindrome metabolica ad esempio è un indicatore che ci sta dicendo di stare attenti e possiamo ammalarci di qualcosa. Ad esempio se abbiamo il colesterolo buono basso, i trigliceridi un po’ mossi oppure la glicemia intorno ai 100, non i valori del diabete conclamati. Sono tutte delle spie che ci dicono di tornare indietro ad uno stato di salute ottimale. E’ bene ricordare anche che se siamo in uno stato di sindrome metabolica o di sovrappeso fa si che il nostro corpo ha il 30% in meno di capacità di rispondere ai farmaci in caso di malattia. Se siamo in una condizione di salute funzionano meglio i farmaci ma soprattutto i nutrienti vengono assunti meglio e riescono ad attivare circa 1000 geni anti infiamattori mentre nel soggetto con obesità addominale ne attivano 1/5 perché quel soggetto è già impegnato a “combattare” altre infiammazioni.

Per tornare ad uno stato di salute bisogna:

– diminuire l’indice glicemico

– assumere pasti in orari regolari

– regolarizzare ritmi sonno/veglia

E’ molto importante assumere il cibo al momento giusto perché questo può incidere sul metabolismo. Ad esempio se cominciamo la giornata facendo una buona colazione ricca e completa riusciamo a dare un ottimo starter per il metabolismo.

Se non facciamo colazione, il metabolismo va in difesa, andando in blocco metabolico e preserva le calorie in vista di una giornata in cui non ci saranno abbastanza calorie da spendere.

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Carenza di ferro: tutto quello che si deve sapere e cosa fare

La carenza di ferro porta con sé una gran varietà di disturbi che non sempre vengono immediatamente ad essa riconnessi. Tuttavia, è molto importante capire che, sebbene sia molto sottovalutata, questa condizione interessa moltissimi italiani.

Prima i entrare nel vivo del discorso, si deve sottolineare che il ferro è uno dei principali minerali del nostro organismo ed è indispensabile perché si trova nei globuli rossi che trasportano l’ossigeno nel sangue.

La carenza di ferro, quindi, può portare all’anemia e si riconosce per una serie di sintomi che non dovrebbero mai essere sottovalutati.

Tra questi troviamo, ad esempio, mal di testa, insonnia, mancanza di respiro, mani e piedi freddi, astenia, pallore, formicolio alle gambe, bruciore alla gola, accelerazione del battito e molto altro ancora. È utile, quindi, cercare di cogliere quelli che sono i campanelli di allarme, andando a capire se è il caso, o meno, di controllare la presenza di questo minerale attraverso degli esami specifici. E manca il ferro, infatti, si ha una scarsa produzione di emoglobina, che inficia la circolazione di ossigeno all’interno dell’organismo.

Cosa causa la mancanza di ferro? La prima cosa  cui si pensa è, senza dubbio, la dieta che non è equilibrata. Il cibo che ingeriamo, infatti, ci aiuta a mantenere costante la presenza del ferro nel sangue. Diete drastiche o disturbi alimentari potrebbero andare a incidere in maniera negativa su questo aspetto. È, quindi, importante seguire una dieta ben diversificata e ricca di ferro.

Anche emorragie e sanguinamenti possono provocare un abbassamento del livello di ferro nel sangue. La perdita di sangue, che sia palese come nel caso delle mestruazioni o che sia occulta, è una delle cause da tenere in conto, così come lo è lo scarso assorbimento del ferro. In questo caso si tratta di un difetto del metabolismo che deve sempre essere tenuto sotto controllo attraverso quelli che sono degli specifici esami. Infine, gravidanza e interventi chirurgici sono da annoverare tra le cause più importanti.

Altra domanda che ci si pone spesso riguarda il cosa fare in caso di carenza di ferro. La prima cosa è, senza dubbio, cercare di non sottovalutare la situazione. Come detto, infatti, l’anemia e la carenza di ferro sono molto diffuse, ma non tutti sono consci di avere un problema e di dover agire di conseguenza.

Ecco, quindi, che il primo consiglio è quello di cercare di integrare nella propria dieta degli alimenti ricchi di ferro. Quali sono i cibi da preferire a tal proposito? Sicuramente pollo, fagioli, frutta secca, carne rossa, verdure a foglia verde non dovrebbero mai mancare, così come non dovrebbero mancare i cibi ricchi di vitamina C, che favorisce l’assorbimento del ferro.

Anche in questo caso, la prevenzione e i consulti con specialisti del settore sono la migliore arma per evitare che la carenza di ferro vada a influire in maniera negativa sulla qualità della vita. È molto importante, quindi, non sottovalutare il tutto e cercare di approfondire il discorso. Degli strumenti molto utili a tal fine sono dei portali specialistici, come Salutarmente di Maria Carrano, che racchiudono consigli pratici e approfondimenti su quelli che sono gli esami da fare e i sintomi da prendere in considerazione. Solo con l’aiuto e con le dritte degli esperti del settore, infatti, si potrà cercare di porre rimedio a situazioni che potrebbero diventare pericolose per la propria salute.

La carenza di ferro, infatti, deve sempre essere tenuta sotto controllo, così da non incappare in quelle che sono le conseguenze sopracitate. La salute è una questione importante e la prevenzione aiuta a rimanere sani più a lungo.

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RDW-CV cos’è? Che cosa significa RDW-CV alto e basso?

RDW è un parametro dell’emocromo utile nella discriminazione delle situazioni di anisocitosi (presenza di globuli rossi con un diametro diverso dal normale nel sangue). Il nome RDW deriva dalla locuzione inglese red blood cell distribution width, in italiano ampiezza della distribuzione eritrocitaria.

Il parametro è fondamentale per distinguere i diversi tipi di anemie: il solo parametro MCV non risulta essere decisivo per la distinzione, ad esempio, di talassemia da anemia sideropenica. Che cosa può significare un RDW-CV alto o basso, e quali sono le possibili cause che possono determinarlo?

Che cos’è l’RDW-CV

I globuli rossi, lo insegnano nelle più comuni lezioni di biologia, sono cellule fondamentali per l’organismo umano. Conosciuti anche come eritrociti, essi sono adibiti alla funzione di trasporto di ossigeno da polmoni a tessuti; tuttavia, svolgono anche la funzione opposta, ovvero il trasporto di anidride carbonica dai tessuti (e organi) più periferici fino ai polmoni. Uno dei valori fondamentali di cui si tiene conto per quanto riguarda i globuli rossi è quello dell’ampiezza del loro diametro, da cui si ricava – naturalmente – la dimensione degli stessi.

Il parametro di cui tener conto per conoscere la dimensione dei globuli rossi è l’RDW (ampiezza di distribuzione eritrocitaria) che viene considerato in una comune analisi del sangue. Effettuare un esame dell’RDW è infatti semplicissimo: il parametro viene considerato automaticamente nelle analisi del sangue, dopo aver prelevato un campione di sangue venoso dal braccio. Tuttavia, quando si tiene conto del parametro in questione, lo si deve comparare anche con un altro parametro, l’MCD, che però da solo non è in grado di distinguere i diversi tipi di anemie. L’MCD – acronimo di Mean Cell Volume – serve a misurare il volume medio di globuli rossi, bianchi e piastrine.

RDW-CV alto e possibili cause che possono determinarlo

Tantissimi sono i fattori che possono determinare il parametro dell’RDW-CV. Il primo parametro da tenere in considerazione nel momento in cui si tengono le analisi del sangue è quello dell’età. Prima di tutto bisogna considerare un fattore fondamentale: quando l’RDW-CV è alto (spesso in correlazione con l’MCD) vuol dire che la dimensione dei globuli rossi è superiore alla media. Ciò è sempre una spia indicativa di problemi di diverso tipo.

RDW-CV alto può essere determinato da una carenza di vitamina B12, una carenza di ferro o una carenza di acido folico. In altre circostanze, un valore elevato del parametro – in correlazione con un valore elevato di MCD – indica cause legate a metastasi, enteriti o alcolismo. Il range di valori da tenere in considerazione per il parametro va da 11,5 a 14,5.

Tuttavia, il valore diviene fondamentale in quello che è lo studio e l’approfondimento di casi di anemia: qualora un soggetto sia anemico, uno dei primi valori a subire una variazione è proprio quello del red blood cell distribution width. Tuttavia, utilizzare il termine “anemia” risulta essere abbastanza generico; per anemia si intende la riduzione patologica dell’emoglobina (Hb) al di sotto dei livelli di normalità. Esistono due diversi tipi di anemia: quelle derivanti dalla carenza di vitamine del gruppo B o sideroprenica (dovuta alla mancanza di ferro).

A questo punto il valore dell’RDW-CV diviene fondamentale: se il solo valore dell’MCD, che individua il volume medio di eritrociti nel sangue, non occorre a distinguere i due diversi tipi di anemia, quello dell’RDW-CV (agendo in correlazione con il primo) permette di misurare i diversi diametri, distinguere il tipo di anemia e agire specificamente.

RDW-CV basso

Qualora fosse RDW-CV basso non c’è nulla da temere: se il parametro è più basso rispetto alla media significa che i globuli rossi sono tutti omogenei tra loro. Il parametro di basa soltanto sulla grandezza di diametro, e quindi indica la totale assenza di disomogeneità nelle dimensioni dei globuli rossi.

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Emoglobina e carenza di ferro: sintomi e rimedi

La carenza di ferro è una condizione comune, soprattutto in giovane età, ma si può rimediare intervenendo con la dieta giusta e alcune accortezze per prevenire l’anemia e la poca emoglobina.

Relazione tra emoglobina e ferro

Dopo le analisi del sangue annuali, quando si diagnostica al paziente poco ferro, significa anche poca emoglobina. Questo vuol dire che è presente un volume inferiore alla norma di globuli rossi e una inferiore ossigenazione del corpo. Nulla di grave, in quanto l’anemia da carenza di ferro diventa veramente pericolosa solamente quando i livelli di emoglobina scendono sotto i 7-8g/dl sangue. In queste condizioni, si ha necessità di effettuare delle trasfusioni di sangue e altre misure estreme.

Quando si ha una moderata carenza di ferro, è solamente un campanello d’allarme che indica che questo minerale non ha il giusto apporto con la dieta. Di solito, sono le donne ad esserne  carenti, soprattutto quelle in età fertile tra gli 11 e i 50 anni, chi è in gravidanza e allattamento. Se si è incinte o si allatta, il fabbisogno sale a 30 mg al giorno, mentre in casi normali, l’apporto di ferro deve essere 12 mg giornalieri. Per gli uomini, invece, sono 10 mg al giorno.

Carenza di ferro, sintomi

Quando il ferro risulta carente e a lungo, può causare un indebolimento generale dell’organismo. Il ferro è una delle componenti principali del sangue e pertanto, quando i livelli si abbassano, si riduce anche la quantità dei globuli rossi prodotti dal midollo osseo. Una condizione del genere rischia di portare anemia, definita, in questo caso sideropenica. Il ferro è un elemento che il nostro corpo assume attraverso l’alimentazione, e che in buona parte viene utilizzato per la formazione dell’emoglobina, la principale proteina dei globuli rossi.

Essa si lega alle molecole di ossigeno provenienti dagli alveoli polmonari e le trasporta verso gli organi e i tessuti. L’anemia da carenza di ferro, si scopre attraverso alcune analisi del sangue come la sideremia , la ferritina e la transferrinemia. Se i valori sotto tutti inferiori alla media e anche l’emoglobina è bassa, allora si è affetti da anemia sideropenica.

I sintomi della carenza di ferro nei bambini e negli adulti di questa condizione sono svariati. Si va dal pallore di cute e sclere degli occhi, alla sonnolenza con debolezza e spossatezza, fino ai casi più gravi, ovvero la caduta di capelli, la pelle spenta e le unghie fragili. Si possono avere difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno e irritabilità. Per altri sintomi e se vuoi leggere anche altri articoli sulla salute ti consigliamo il blog di analisi cangiano.

Poca emoglobina, cosa fare

Se, oltre ai sintomi già descritti, si notano anche poca crescita nei bambini o forte dimagrimento, è utile chiedere un consulto al proprio medico, il quale opterà per effettuare delle analisi. Tra le cause di una carenza di ferro, la più comune  è un’alimentazione sbilanciata o insufficiente. Anche grosse emorragie e perdite ematiche possono essere la causa di questa carenza, prime tra tutte le mestruazioni troppo abbondanti. Da non sottovalutare anche forzi fisici intensi, malattie intestinali come il morbo di Crohn, ulcera peptica e la celiachia.

In accordo col medico, si può assumere un integratore per riportare i valori ai livelli normali. Attraverso una sana alimentazione potrete tenere alla larga il rischio di avere una carenza di ferro, quindi via libera a mangiare carne rossa e bianca, uova, frattaglie, frutti di mare e molluschi.  Le fonti vegetali sono legumi, frutta secca e le verdure a foglia verde. Queste ultime contengono del ferro che però difficilmente viene assimilato dall’intestino. Per renderlo più assimilabile, bisogna mangiarli con la vitamina C, ovvero agrumi, carote ecc.

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Emangiomi ed emoglobina: qual è il loro rapporto?

Quando parliamo di emangiomi infantili, ci riferiamo a quegli inestetismi presenti sin dalla nascita e localizzati a livello cutaneo o intorno alle mucose, caratterizzati da macchie, spesso anche vistose, di colore rosso-violetto.

Mentre alcuni emangiomi sono di dimensioni talmente piccole da essere appena visibili, alcuni possono essere anche molto grandi e in grado di deturpare il viso.

In base alla forma che essi assumono, possono essere classificati come piani, caratterizzati da macchie vascolari di dimensioni differenti, oppure cavernosi, contraddistinti da una piccola macchia a forma di fragola, lievemente sporgente. La maggior parte degli emangiomi infantili regredisce in modo spontaneo senza necessitare di un intervento mirato di tipo chirurgico ma, talvolta, essi possono insorgere a carico di diversi organi limitandone la funzionalità, richiedendo un approccio più mirato.

Il ruolo dell’emoglobina

Benché le cause dell’insorgenza degli emangiomi restano ancora sconosciute, molti studiosi hanno indagato sulla possibile correlazione tra questa particolare forma di tumore benigno e l’intervento degli estrogeni insieme all’emoglobina.

Quest’ultima, infatti, responsabile del trasporto dell’ossigeno all’interno dei tessuti che ne abbiano maggior bisogno, potrebbe essere insufficiente, se non addirittura assente a seguito dell’incremento di ormoni successivi alla nascita, facilitando in questo modo l’esordio di questo tipo di tumore benigno sia a livello cutaneo sia a carico di qualche organo vitale. Quindi, l’ipossia dei tessuti molli ben potrebbe favorire l’insorgenza di un emangioma nelle prime settimane di vita del bambino.

Come trattare gli emangiomi infantili

A seconda della maggiore o minore concentrazione di emoglobina, possiamo distinguere tre diverse fasi nello sviluppo di un emangioma infantile.

Nella fase di proliferazione, in cui i livelli di emoglobina sono veramente bassi a favore della maggiore concentrazione di ormoni gestazionali, l’emangioma si sviluppa in modo veramente rapido, accrescendo notevolmente le proprie dimensioni.

Nel periodo compreso tra il primo e il secondo anno dell’infante, il tumore benigno si trova relativamente a riposo mentre nella fase propriamente detta dell’involuzione, l’emangioma inizia a regredire, mostrandosi morbido al tacco e di colore leggermente più sbiadito.

Benché, anche in questo caso, non appaiono note le cause della scomparsa dell’emangioma, medici e diagnostici hanno sottolineato come almeno il 50% di queste lesioni cutanee scompaia nell’arco di 6-7 anni, risolvendosi del tutto entro i 10 anni di vita del bambino senza lasciare tracce.

Anche se la maggior parte degli emangiomi infantili non richiede trattamenti specifici, in alcuni casi potrebbe rivelarsi opportuna una strategia d’attacco ben mirata. Se, infatti, le piccole lesioni possono essere trattate con l’ausilio di corticosteroidi, assunti per via orale oppure iniettati direttamente all’interno del tumore, per gli emangiomi più visibili, quelli con le dimensioni maggiori, potrebbe rivelarsi utile il trattamento con il laser.

I grandi emangiomi della cute, inoltre, quando iniziano a regredire, possono lasciare la pelle raggrinzita e dal tono poco uniforme: in questo caso, laddove l’inestetismo dovesse rappresentare un problema di tipo estetico, si può intervenire anche chirurgicamente.

Di recente, anche in Italia, è stato introdotto l’uso del PROPRANOLOLO 3.75mg/ml soluzione orale, uno dei principi attivi dei beta-bloccanti non selettivi.

Il farmaco agisce andando a restringere i capillari e riducendo l’afflusso di sangue all’emangioma, quindi bloccando la crescita dello stesso.

Va bene, ricordare, che ogni terapia, deve essere seguita passo-passo da un medico specializzato che monitorerà la situazione e fornirà le giuste indicazioni per la posologia.

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Ves Alta. Cos’è la VES?

La Ves è un esame che si effettua su sangue venoso prelevato per tale motivo. Non si effettua mai la VES da sola in quanto è un esame aspecifico, cioè si tratta di un esame che fornisce un’indicazione ma senza in alcun modo orientare alla causa di una sua alterazione rispetto ai valori normali. In pratica VES è acronimo di Velocità di Eritro Sedimentazione.

Andando ad analizzare le parole comprendiamo di cosa si tratta: si misura la velocità con cui gli eritrociti (i globuli rossi) sedimentano all’interno di una specifica provetta. La Scienza ha provato che i globuli rossi tendono a sedimentare, a depositarsi sul fondo della provetta più velocemente quando l’organismo da cui sono prelevati è in uno stato infiammatorio.

Quanto più velocemente si depositano, tanto maggiore, sensibile è lo stato infiammatorio. Non è tuttavia solo l’infiammazione che accelera la sedimentazione dei globuli rossi, vi sono altre possibili cause che andremo a vedere.

Cosa fare se hai la VES alta?

Intanto i valori della VES ritenuti normali sono diversi tra uomo e donna: nell’uomo la VES normale resta tra 0 e 15 mm/h mentre nella donna può variare fisiologicamente tra 0 e 20 mm/h. Una leggera alterazione non significa in realtà nulla, un rialzo lieve può trovare giustificazione anche in presenza di un lieve raffreddore o altri eventi banali cui puoi anche non fare affatto caso.

Diverso è un rialzo parecchio sensibile: in questo caso occorre procedere con altri accertamenti per capire il motivo alla base di tale incremento. Come detto, la causa principale di un incremento della VES è uno stato infiammatorio ma questo esame dice solo che è presente l’infiammazione ma non dice per niente dove.

A questo punto è dovere del medico indagare per comprendere se la persona presenta dei sintomi che possono orientare verso una diagnosi oppure se dalle altre analisi del sangue si riesce a risalire ad una causa di infiammazione sostenibile. Potrebbero, infatti, trovarsi tracce di un’infiammazione nelle urine, che depone per un’infiammazione a carico delle vie urinarie, oppure il paziente potrebbe lamentare un mal di gola o tosse oppure ancora riferire disturbi intestinali.  Il campo di indagine è parecchio vasto, come si vede.

La VES alta, tuttavia, come abbiamo detto, potrebbe anche trovare motivazione da altri fatti:

  • Mestruazioni
  • Gravidanza
  • Malattie autoimmuni

Le Infezioni batteriche rappresentano la causa più frequente di VES alta ma questa si riscontra anche in quadri di:

  • Anemie
  • Infarto
  • Insufficienza renale
  • Tiroidite di Hashimoto
  • malattie su base reumatica

Altre cause di VES alta

Tra le tante cause di VES alta dobbiamo anche segnalare la Tubercolosi e la toxoplasmosi, oltre a tante altre malattie, naturalmente ma per descriverle tutte occorrerebbe scrivere un manuale di medicina e non è questo lo scopo di questo semplice articolo informativo.

Dobbiamo ancora segnalare tra le cause più frequenti di incremento della VES anche la presenza di malattie tumorali e di leucemie soprattutto in stadio precoce mentre in stadio terminale la VES è bassa. Naturalmente riportiamo questa possibilità di VES alta solo perché a livello statistico rientra tra i casi più frequenti ma se hai la VES alta non significa che una di queste malattie. Peraltro in presenza di malattia tumorale la VES schizza alle stelle, non si limita ad un normale rialzo.

Per via della sua mancanza di specificità, molti medici hanno smesso di prescrivere la VES ritenendola poco utile a fini clinici diagnostici.

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Diatesi emorragica cause e sintomi

Diatesi emorragica cause e sintomi

Il soggetto colpito da una condizione di ipocoagulabilità può essere predisposto a diatesi emorragica ossia alla anomala tendenza a sanguinare come conseguenza diretta di un deficit a carico nel sistema di coagulazione. Tra i possibili fattori eziologici che possono provocare questo problema si vengono a distinguere delle cause acquisite, genetiche e dovute ad autoimmunità; tra le cause acquisite vanno segnalate delle condizioni che includono l’anticoagulante con warfarin, ma anche una carenza di vitamina K, oppure una coagulazione intravascolare disseminata ed un’insufficienza epatica; la diatesi emorragica può essere riscontrata nei pazienti colpiti da leucemia, come anche nei soggetti infettati da veleno hemotoxic e da agenti patogeni responsabili di febbri emorragiche virali. Si riscontrano tra le cause genetiche responsabili del quadro patologico della diatesi emorragica alcune mutazioni genetiche, in tal caso si possono evidenziare anomalie dei geni necessari per sintetizzare le proteine ​​fattori della coagulazione che prendono parte al normale meccanismo di coagulazione (quadro clinico delle emofilie e della malattia di Von Willebrand). Si identifica inoltre una condizione di diatesi emorragica legata a cause autoimmuni che riguardano la coagulazione in particolare gli inibitori della coagulazione, l’inibitore principale è diretto contro la coagulazione del Fattore VIII. Altre notizie si trovano su https://www.emoglobina.info/fattori-della-coagulazione-si-attivano/. Continue reading

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