• RDW-CV cos’è? Che cosa significa RDW-CV alto e basso?

    RDW è un parametro dell’emocromo utile nella discriminazione delle situazioni di anisocitosi (presenza di globuli rossi con un diametro diverso dal normale nel sangue). Il nome RDW deriva dalla locuzione inglese red blood cell distribution width, in italiano ampiezza della distribuzione eritrocitaria.

    Il parametro è fondamentale per distinguere i diversi tipi di anemie: il solo parametro MCV non risulta essere decisivo per la distinzione, ad esempio, di talassemia da anemia sideropenica. Che cosa può significare un RDW-CV alto o basso, e quali sono le possibili cause che possono determinarlo?

    Che cos’è l’RDW-CV

    I globuli rossi, lo insegnano nelle più comuni lezioni di biologia, sono cellule fondamentali per l’organismo umano. Conosciuti anche come eritrociti, essi sono adibiti alla funzione di trasporto di ossigeno da polmoni a tessuti; tuttavia, svolgono anche la funzione opposta, ovvero il trasporto di anidride carbonica dai tessuti (e organi) più periferici fino ai polmoni. Uno dei valori fondamentali di cui si tiene conto per quanto riguarda i globuli rossi è quello dell’ampiezza del loro diametro, da cui si ricava – naturalmente – la dimensione degli stessi.

    Il parametro di cui tener conto per conoscere la dimensione dei globuli rossi è l’RDW (ampiezza di distribuzione eritrocitaria) che viene considerato in una comune analisi del sangue. Effettuare un esame dell’RDW è infatti semplicissimo: il parametro viene considerato automaticamente nelle analisi del sangue, dopo aver prelevato un campione di sangue venoso dal braccio. Tuttavia, quando si tiene conto del parametro in questione, lo si deve comparare anche con un altro parametro, l’MCD, che però da solo non è in grado di distinguere i diversi tipi di anemie. L’MCD – acronimo di Mean Cell Volume – serve a misurare il volume medio di globuli rossi, bianchi e piastrine.

    RDW-CV alto e possibili cause che possono determinarlo

    Tantissimi sono i fattori che possono determinare il parametro dell’RDW-CV. Il primo parametro da tenere in considerazione nel momento in cui si tengono le analisi del sangue è quello dell’età. Prima di tutto bisogna considerare un fattore fondamentale: quando l’RDW-CV è alto (spesso in correlazione con l’MCD) vuol dire che la dimensione dei globuli rossi è superiore alla media. Ciò è sempre una spia indicativa di problemi di diverso tipo.

    RDW-CV alto può essere determinato da una carenza di vitamina B12, una carenza di ferro o una carenza di acido folico. In altre circostanze, un valore elevato del parametro – in correlazione con un valore elevato di MCD – indica cause legate a metastasi, enteriti o alcolismo. Il range di valori da tenere in considerazione per il parametro va da 11,5 a 14,5.

    Tuttavia, il valore diviene fondamentale in quello che è lo studio e l’approfondimento di casi di anemia: qualora un soggetto sia anemico, uno dei primi valori a subire una variazione è proprio quello del red blood cell distribution width. Tuttavia, utilizzare il termine “anemia” risulta essere abbastanza generico; per anemia si intende la riduzione patologica dell’emoglobina (Hb) al di sotto dei livelli di normalità. Esistono due diversi tipi di anemia: quelle derivanti dalla carenza di vitamine del gruppo B o sideroprenica (dovuta alla mancanza di ferro).

    A questo punto il valore dell’RDW-CV diviene fondamentale: se il solo valore dell’MCD, che individua il volume medio di eritrociti nel sangue, non occorre a distinguere i due diversi tipi di anemia, quello dell’RDW-CV (agendo in correlazione con il primo) permette di misurare i diversi diametri, distinguere il tipo di anemia e agire specificamente.

    RDW-CV basso

    Qualora fosse RDW-CV basso non c’è nulla da temere: se il parametro è più basso rispetto alla media significa che i globuli rossi sono tutti omogenei tra loro. Il parametro di basa soltanto sulla grandezza di diametro, e quindi indica la totale assenza di disomogeneità nelle dimensioni dei globuli rossi.

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  • Emoglobina e carenza di ferro: sintomi e rimedi

    La carenza di ferro è una condizione comune, soprattutto in giovane età, ma si può rimediare intervenendo con la dieta giusta e alcune accortezze per prevenire l’anemia e la poca emoglobina.

    Relazione tra emoglobina e ferro

    Dopo le analisi del sangue annuali, quando si diagnostica al paziente poco ferro, significa anche poca emoglobina. Questo vuol dire che è presente un volume inferiore alla norma di globuli rossi e una inferiore ossigenazione del corpo. Nulla di grave, in quanto l’anemia da carenza di ferro diventa veramente pericolosa solamente quando i livelli di emoglobina scendono sotto i 7-8g/dl sangue. In queste condizioni, si ha necessità di effettuare delle trasfusioni di sangue e altre misure estreme.

    Quando si ha una moderata carenza di ferro, è solamente un campanello d’allarme che indica che questo minerale non ha il giusto apporto con la dieta. Di solito, sono le donne ad esserne  carenti, soprattutto quelle in età fertile tra gli 11 e i 50 anni, chi è in gravidanza e allattamento. Se si è incinte o si allatta, il fabbisogno sale a 30 mg al giorno, mentre in casi normali, l’apporto di ferro deve essere 12 mg giornalieri. Per gli uomini, invece, sono 10 mg al giorno.

    Carenza di ferro, sintomi

    Quando il ferro risulta carente e a lungo, può causare un indebolimento generale dell’organismo. Il ferro è una delle componenti principali del sangue e pertanto, quando i livelli si abbassano, si riduce anche la quantità dei globuli rossi prodotti dal midollo osseo. Una condizione del genere rischia di portare anemia, definita, in questo caso sideropenica. Il ferro è un elemento che il nostro corpo assume attraverso l’alimentazione, e che in buona parte viene utilizzato per la formazione dell’emoglobina, la principale proteina dei globuli rossi.

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    Essa si lega alle molecole di ossigeno provenienti dagli alveoli polmonari e le trasporta verso gli organi e i tessuti. L’anemia da carenza di ferro, si scopre attraverso alcune analisi del sangue come la sideremia , la ferritina e la transferrinemia. Se i valori sotto tutti inferiori alla media e anche l’emoglobina è bassa, allora si è affetti da anemia sideropenica.

    I sintomi della carenza di ferro nei bambini e negli adulti di questa condizione sono svariati. Si va dal pallore di cute e sclere degli occhi, alla sonnolenza con debolezza e spossatezza, fino ai casi più gravi, ovvero la caduta di capelli, la pelle spenta e le unghie fragili. Si possono avere difficoltà di concentrazione, disturbi del sonno e irritabilità. Per altri sintomi e se vuoi leggere anche altri articoli sulla salute ti consigliamo il blog di analisi cangiano.

    Poca emoglobina, cosa fare

    Se, oltre ai sintomi già descritti, si notano anche poca crescita nei bambini o forte dimagrimento, è utile chiedere un consulto al proprio medico, il quale opterà per effettuare delle analisi. Tra le cause di una carenza di ferro, la più comune  è un’alimentazione sbilanciata o insufficiente. Anche grosse emorragie e perdite ematiche possono essere la causa di questa carenza, prime tra tutte le mestruazioni troppo abbondanti. Da non sottovalutare anche forzi fisici intensi, malattie intestinali come il morbo di Crohn, ulcera peptica e la celiachia.

    In accordo col medico, si può assumere un integratore per riportare i valori ai livelli normali. Attraverso una sana alimentazione potrete tenere alla larga il rischio di avere una carenza di ferro, quindi via libera a mangiare carne rossa e bianca, uova, frattaglie, frutti di mare e molluschi.  Le fonti vegetali sono legumi, frutta secca e le verdure a foglia verde. Queste ultime contengono del ferro che però difficilmente viene assimilato dall’intestino. Per renderlo più assimilabile, bisogna mangiarli con la vitamina C, ovvero agrumi, carote ecc.

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  • Emangiomi ed emoglobina: qual è il loro rapporto?

    Quando parliamo di emangiomi infantili, ci riferiamo a quegli inestetismi presenti sin dalla nascita e localizzati a livello cutaneo o intorno alle mucose, caratterizzati da macchie, spesso anche vistose, di colore rosso-violetto.

    Mentre alcuni emangiomi sono di dimensioni talmente piccole da essere appena visibili, alcuni possono essere anche molto grandi e in grado di deturpare il viso.

    In base alla forma che essi assumono, possono essere classificati come piani, caratterizzati da macchie vascolari di dimensioni differenti, oppure cavernosi, contraddistinti da una piccola macchia a forma di fragola, lievemente sporgente. La maggior parte degli emangiomi infantili regredisce in modo spontaneo senza necessitare di un intervento mirato di tipo chirurgico ma, talvolta, essi possono insorgere a carico di diversi organi limitandone la funzionalità, richiedendo un approccio più mirato.

    Il ruolo dell’emoglobina

    Benché le cause dell’insorgenza degli emangiomi restano ancora sconosciute, molti studiosi hanno indagato sulla possibile correlazione tra questa particolare forma di tumore benigno e l’intervento degli estrogeni insieme all’emoglobina.

    Quest’ultima, infatti, responsabile del trasporto dell’ossigeno all’interno dei tessuti che ne abbiano maggior bisogno, potrebbe essere insufficiente, se non addirittura assente a seguito dell’incremento di ormoni successivi alla nascita, facilitando in questo modo l’esordio di questo tipo di tumore benigno sia a livello cutaneo sia a carico di qualche organo vitale. Quindi, l’ipossia dei tessuti molli ben potrebbe favorire l’insorgenza di un emangioma nelle prime settimane di vita del bambino.

    Come trattare gli emangiomi infantili

    A seconda della maggiore o minore concentrazione di emoglobina, possiamo distinguere tre diverse fasi nello sviluppo di un emangioma infantile.

    Nella fase di proliferazione, in cui i livelli di emoglobina sono veramente bassi a favore della maggiore concentrazione di ormoni gestazionali, l’emangioma si sviluppa in modo veramente rapido, accrescendo notevolmente le proprie dimensioni.

    Nel periodo compreso tra il primo e il secondo anno dell’infante, il tumore benigno si trova relativamente a riposo mentre nella fase propriamente detta dell’involuzione, l’emangioma inizia a regredire, mostrandosi morbido al tacco e di colore leggermente più sbiadito.

    Benché, anche in questo caso, non appaiono note le cause della scomparsa dell’emangioma, medici e diagnostici hanno sottolineato come almeno il 50% di queste lesioni cutanee scompaia nell’arco di 6-7 anni, risolvendosi del tutto entro i 10 anni di vita del bambino senza lasciare tracce.

    Anche se la maggior parte degli emangiomi infantili non richiede trattamenti specifici, in alcuni casi potrebbe rivelarsi opportuna una strategia d’attacco ben mirata. Se, infatti, le piccole lesioni possono essere trattate con l’ausilio di corticosteroidi, assunti per via orale oppure iniettati direttamente all’interno del tumore, per gli emangiomi più visibili, quelli con le dimensioni maggiori, potrebbe rivelarsi utile il trattamento con il laser.

    I grandi emangiomi della cute, inoltre, quando iniziano a regredire, possono lasciare la pelle raggrinzita e dal tono poco uniforme: in questo caso, laddove l’inestetismo dovesse rappresentare un problema di tipo estetico, si può intervenire anche chirurgicamente.

    Di recente, anche in Italia, è stato introdotto l’uso del PROPRANOLOLO 3.75mg/ml soluzione orale, uno dei principi attivi dei beta-bloccanti non selettivi.

    Il farmaco agisce andando a restringere i capillari e riducendo l’afflusso di sangue all’emangioma, quindi bloccando la crescita dello stesso.

    Va bene, ricordare, che ogni terapia, deve essere seguita passo-passo da un medico specializzato che monitorerà la situazione e fornirà le giuste indicazioni per la posologia.

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  • Ves Alta. Cos’è la VES?

    La Ves è un esame che si effettua su sangue venoso prelevato per tale motivo. Non si effettua mai la VES da sola in quanto è un esame aspecifico, cioè si tratta di un esame che fornisce un’indicazione ma senza in alcun modo orientare alla causa di una sua alterazione rispetto ai valori normali. In pratica VES è acronimo di Velocità di Eritro Sedimentazione.

    Andando ad analizzare le parole comprendiamo di cosa si tratta: si misura la velocità con cui gli eritrociti (i globuli rossi) sedimentano all’interno di una specifica provetta. La Scienza ha provato che i globuli rossi tendono a sedimentare, a depositarsi sul fondo della provetta più velocemente quando l’organismo da cui sono prelevati è in uno stato infiammatorio.

    Quanto più velocemente si depositano, tanto maggiore, sensibile è lo stato infiammatorio. Non è tuttavia solo l’infiammazione che accelera la sedimentazione dei globuli rossi, vi sono altre possibili cause che andremo a vedere.

    Cosa fare se hai la VES alta?

    Intanto i valori della VES ritenuti normali sono diversi tra uomo e donna: nell’uomo la VES normale resta tra 0 e 15 mm/h mentre nella donna può variare fisiologicamente tra 0 e 20 mm/h. Una leggera alterazione non significa in realtà nulla, un rialzo lieve può trovare giustificazione anche in presenza di un lieve raffreddore o altri eventi banali cui puoi anche non fare affatto caso.

    Diverso è un rialzo parecchio sensibile: in questo caso occorre procedere con altri accertamenti per capire il motivo alla base di tale incremento. Come detto, la causa principale di un incremento della VES è uno stato infiammatorio ma questo esame dice solo che è presente l’infiammazione ma non dice per niente dove.

    A questo punto è dovere del medico indagare per comprendere se la persona presenta dei sintomi che possono orientare verso una diagnosi oppure se dalle altre analisi del sangue si riesce a risalire ad una causa di infiammazione sostenibile. Potrebbero, infatti, trovarsi tracce di un’infiammazione nelle urine, che depone per un’infiammazione a carico delle vie urinarie, oppure il paziente potrebbe lamentare un mal di gola o tosse oppure ancora riferire disturbi intestinali.  Il campo di indagine è parecchio vasto, come si vede.

    La VES alta, tuttavia, come abbiamo detto, potrebbe anche trovare motivazione da altri fatti:

    • Mestruazioni
    • Gravidanza
    • Malattie autoimmuni

    Le Infezioni batteriche rappresentano la causa più frequente di VES alta ma questa si riscontra anche in quadri di:

    • Anemie
    • Infarto
    • Insufficienza renale
    • Tiroidite di Hashimoto
    • malattie su base reumatica

    Altre cause di VES alta

    Tra le tante cause di VES alta dobbiamo anche segnalare la Tubercolosi e la toxoplasmosi, oltre a tante altre malattie, naturalmente ma per descriverle tutte occorrerebbe scrivere un manuale di medicina e non è questo lo scopo di questo semplice articolo informativo.

    Dobbiamo ancora segnalare tra le cause più frequenti di incremento della VES anche la presenza di malattie tumorali e di leucemie soprattutto in stadio precoce mentre in stadio terminale la VES è bassa. Naturalmente riportiamo questa possibilità di VES alta solo perché a livello statistico rientra tra i casi più frequenti ma se hai la VES alta non significa che una di queste malattie. Peraltro in presenza di malattia tumorale la VES schizza alle stelle, non si limita ad un normale rialzo.

    Per via della sua mancanza di specificità, molti medici hanno smesso di prescrivere la VES ritenendola poco utile a fini clinici diagnostici.

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  • Diatesi emorragica cause e sintomi

    Diatesi emorragica cause e sintomi

    Il soggetto colpito da una condizione di ipocoagulabilità può essere predisposto a diatesi emorragica ossia alla anomala tendenza a sanguinare come conseguenza diretta di un deficit a carico nel sistema di coagulazione. Tra i possibili fattori eziologici che possono provocare questo problema si vengono a distinguere delle cause acquisite, genetiche e dovute ad autoimmunità; tra le cause acquisite vanno segnalate delle condizioni che includono l’anticoagulante con warfarin, ma anche una carenza di vitamina K, oppure una coagulazione intravascolare disseminata ed un’insufficienza epatica; la diatesi emorragica può essere riscontrata nei pazienti colpiti da leucemia, come anche nei soggetti infettati da veleno hemotoxic e da agenti patogeni responsabili di febbri emorragiche virali. Si riscontrano tra le cause genetiche responsabili del quadro patologico della diatesi emorragica alcune mutazioni genetiche, in tal caso si possono evidenziare anomalie dei geni necessari per sintetizzare le proteine ​​fattori della coagulazione che prendono parte al normale meccanismo di coagulazione (quadro clinico delle emofilie e della malattia di Von Willebrand). Si identifica inoltre una condizione di diatesi emorragica legata a cause autoimmuni che riguardano la coagulazione in particolare gli inibitori della coagulazione, l’inibitore principale è diretto contro la coagulazione del Fattore VIII. Altre notizie si trovano su https://www.emoglobina.info/fattori-della-coagulazione-si-attivano/. Continue reading

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  • Fattori della coagulazione quando si attivano

    Fattori della coagulazione quando si attivano

    Per limitare una perdita emorragica che potrebbe determinare una riduzione del volume ematico si verificano diversi meccanismi della coagulazione del sangue che coinvolgono il sistema vascolare, le piastrine, il sistema della coagulazione, il sistema fibrinolitico; nel caso di ferite e di emostasi intervendono i cosiddetti fattori della coagulazione ossia delle sostanze che circolano nel sangue oppure vengono liberate dai tessuti in presenza di una lesione del vaso. Il processo emostatico prevede complessivmente quattro fasi: la fase vascolare nota anche come emostasi primaria, la fase piastrinica, la fase coagulativa detta anche emostasi secondaria o fase plasmatica, la fibrinolisi. Il regolare processo di coagulazione del sangue necessità del corretto funzionamento delle pareti dei vasi arteriosi e venosi, delle piastrine e dei fattori della coagulazione; queste componenti interagendo fra loro determinano la riparazione di una lesione vasale e permettono così di arrestare il sanguinamento. Per altre informazioni si rimanda alla lettura di http://www.albanesi.it/notizie/coagulazione_sangue.htm. Continue reading

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  • Tromboastenia di Glazmann quadro clinico

    Tromboastenia di Glazmann quadro clinico

    Una sindrome emorragica rara come la tromboastenia di Glazmann è una patologia autosomica recessiva che implica il coinvolgimento di alcune molecole che in questo caso non prendono correttamente parte nella formazione del coagulo di fibrina, il mancato assolvimento di questa funzione determina la perdita dell’aggregazione piastrinica: non si ha la retrazione del fibrinogeno, viene meno così la normale formazione degli aggregati piastrinici. Il difetto molecolare determina una anomalia quantitativa e/o qualitativa dell’integrina alfa2b beta3, un recettore che prende parte nel legame delle proteine di adesione, che assicurano la formazione degli aggregati piastrinici e la formazione di trombi nella sede di eventuali danni dei vasi sanguigni. La mutazione interessa nello specifico gli enzimi delle cicloossigenasi, quindi quando si assumono farmaci antinfiammatori si verifica un prolungamento della durata della emorragia. La sindrome si caratterizza per dei sintomi variabili, per cui alcuni pazienti presentano un sanguinamento di lieve entità, in altri casi possono verificarsi delle frequenti emorragie, in genere i primi episodi emorragici si registrano sin dopo la nascita, con coinvolgimento delle gengive e delle mucose; in seguito gli episodi di sanguinamento si evidenziano in sedi definite provocando: emorragia gengivale, porpora, epistassi, menoraggia, emorragie gastrointestinali, ematuria. Maggiori informazioni su Sindrome di Bernard-Soulier le caratteristiche della malattia ematica. Continue reading

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  • Aplasia eritroide pura come si evidenzia

    Aplasia eritroide pura come si evidenzia

    Sotto la definizione di aplasia eritroide pura si riuniscono diverse condizioni che delineano dal punto di vista clinico una singola malattia che presenta un quadro sintomatologico ed ematologico unico, a sua volta questa malattia ematica può essere genetica oppure acquisita, le forme non ereditarie a loro volta nel possono essere acute oppure croniche. Tra le caratteristiche che definiscono il quadro clinico dell’eritroblastopenia acquisita cronica bisogna segnalare la presenza nel midollo dei pazienti di molecole inibitorie di origine linfocitaria, si tratta di immunoglobuline oppure di altre molecole secrete da linfociti T. Per quato riguarda invece l’eritroblastopenia congenita nota anche come anemia di Diamond-Blackfan, il principale fattore eziologico è da rintracciare in diverse mutazioni sul locus 19q13.2, anche se il prodotto genico è ignoto. Il quadro clinico dell’aplasia eritroide evidenzia dei sintomi tipici dell’anemia in associazione a delle manifestazioni che caratterizzano l’ipoplasia eritroide con cellule normocitiche e normocromiche e ridotta reticolocitosi, si rileva poi una riduzione delle cellule della linea eritroide. Maggiori informazioni si trovano su http://www.my-personaltrainer.it/salute-benessere/anemia-aplastica.html. Continue reading

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  • Emoglobina E quadro clinico

    Emoglobina E quadro clinico

    Tra le diverse forme di emoglobinopatie, l’emoglobina E è una patologia che si manifesta con anemia E colpendo con maggiore incidenza i soggetti provenienti dal Sud-Est asiatico. Tale malattia consiste in una mutazione nel gene della beta globina, che causa la sostituzione di un acido glutammico con una lisina in posizione 26, nella catena beta-globinica. L’emoglobina E (HbE) è una variante dell’emoglobina in quanto la catena beta dell’HbE (betaE) è sintetizzata in quantità ridotta, rispetto all’emoglobina normale, ne consegue quindi che la mutazione determina la formazione di un sito di splicing alternativo all’interno di un esone. I soggetti eterozigoti AE, gli eterozigoti composti SE e gli omozigoti EE vengono colpiti da alcune anomalie che di solito colpiscono il quadro clinico della beta talassemia. Per quanto riguarda le manifestazioni cliniche, i soggetti eterozigoti colpiti da emoglobina E non presntano sintomi, ma possono trasmettere la talassemia E/beta alla propria prole nel caso in cui l’altro genitore è portatore di beta talassemia. In genere i sintomi riconducibili al quadro patologico della talassemia E/beta risultano alquanto variabili per alcuni soggetti possono evidenziare le caratteristiche della beta talassemia minor, oppure della talassemia intermedia oppure della talassemia major; invece i soggetti omozigoti per l’emoglobina E non presentano segni clinici. Altre notizie su http://www.orpha.net/consor/cgi-bin/OC_Exp.php?Lng=IT&Expert=2133. Continue reading

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  • Tromboastenia di Glanzmann quadro patologico

    Tromboastenia di Glanzmann quadro patologico

    Una malattia emorragica congenita ereditaria, come la tromboastenia di Glanzmann è caratterizzata da una ridotta aggregazione piastrinica (in alcuni casi può essere assente) in risposta a vari agonisti fisiologici, con un numero ed una morfologia piastrinici normali. Questa patologia autosomica recessiva, che non si esprime clinicamente nei portatori eterozigoti, è alquanto rara e si registra specialmente nelle unioni tra consanguinei in alcune popolazioni quali: gruppi etnici di fede ebraica, alcune tribù nomadi della Giordania, Hindu dell’India, popolazioni dell’Iran. L’anomalia dipende dalla presenza di un deficit di integrine-β3 sulle piastrine, da cui dipende un mancata interazione con il fibrinogeno: il legame del fibrinogeno al recettore piastrinico rappresenta il momento finale dell’aggregazione fra piastrine limitrofe. Quindi la tromboastenia di Glanzmann è causata da anomalie nella glicoproteina che costituisce il recettore piastrinico del fibrinogeno (la GpIIbIIIa detta anche αIIbβ3). I soggetti affetti da questa sindrome risentono di un processo aggregometrico limitato come risposta a diversi agenti aggreganti, il complesso recettoriale GPIIb/GPIIIa assume un ruolo centrale nell’aggregazione piastrinica provocata dagli agonisti che agiscono in vivo: la trombina, il collageno, l’epinefrina, il trombossano A2, l’ADP; inoltre questo complesso è responsabile dell’incorporazione del fibrinogeno dal plasma nei granuli α-piastrinici. I soggetti affetti da questo tipo di anomalie risentono di un’alterazione dell’adesione-aggregazione piastrinica nei siti di danno vascolare, ne consegue una maggiore esposizione ad episodi di sanguinamento in alcuni casi si registra uno scarso controllo di una sindrome emorragica. Per approfondimenti si rimanda alla lettura di http://www.malattieemorragiche.it/le-piastrinopatie/. Continue reading

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