• Ossigenoterapia iperbarica quando è utile

    Ossigenoterapia iperbarica quando è utile

    Come trattamento utile per riattivare i processi metabolici, in caso di emoglobina bassa può essere consigliata l’ossigenoterapia iperbarica, una cura non invasiva che consiste fondamentalmente nella respirazione da parte del soggetto, che evidenzia questa condizione patologica, di ossigeno puro al 100% o miscele gassose iperossigenate all’interno di una camera iperbarica. Sfruttando nello specifico la pressione si favorisce la diffusione dell’ossigeno nel sangue con una concentrazione superiore anche 10 volte rispetto al normale, attivando così una situazione che stimola la formazione di nuovi vasi sanguigni con conseguente mobilitazione anche delle cellule staminali. L’ossigenoterapia iperbarica (OTI) in questo modo favorisce la  riattivazione dei processi metabolici bloccati, contribuendo allo stesso tempo a migliorare diversi quadri patologici come ad esempio: l’ischemia traumatica acuta, le embolie gassose arteriose, la gangrena gassosa da clostridi, l’osteomielite cronica refrattaria, gli innesti cutanei, le ulcere della pelle, la necrosi ossea asettica, la sordità improvvisa, il piede diabetico, le retinopatie, le infiammazioni alle gengive. In genere per questa serie di patologie è fondamentale intraprendere in maniera tempestiva la terapia iperbarica in quanto si aumenta la possibilità di guarire in breve tempo. Continue reading

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  • Anemia di Fanconi come si manifesta

    Anemia di Fanconi come si manifesta

    Tra le malattie pediatriche più frequenti in ambito clinico si definisce anemia di Fanconi, una rara forma di anemia caratterizzata da carenza di tutti i tipi di cellule del sangue, primi tra tutti i globuli bianchi e quelli rossi, le cellule risentono infatti di una significativa instabilità cromosomica che si evidenzia con rotture ed alterazioni dei cromosomi. Dal punto di vista diagnostico sono stati identificati 15 geni coinvolti nell’insorgenza di questa condizione patologica, questa patologia è dovuta dunque a delle specifiche mutazioni dei geni implicati nella riparazione del DNA e nella stabilità genomica; uno dei geni interessanti si trova sul cromosoma X con modalità trasmissiva di tipo recessivo legata all’X, in alcuni casi questa forma di anemia si trasmette con modalità autosomica recessiva manifestandosi solo se il soggetto eredita le copie alterate del gene coinvolto da entrambi i genitori. Anche se alquanto rara si tratta di una malattia grave che si manifesta in età scolare con segni caratteristici quali: ritardo dell’accrescimento, malformazioni, predisposizione a sviluppare tumori ematologici o solidi ma anche leucemie. L’anemia di Fanconi è geneticamente eterogenea e si caratterizza per un andamento progressivo, la diagnosi viene effettuata sulla base dei segni clinici e delle anomalie ematiche che evidenzia il paziente; come conferma della diagnosi si esegue un esame citogenetico che misura  l’instabilità cromosomica in presenza di particolari composti chimici, assume grande importanza anche la diagnosi prenatale che consiste nella ricerca di mutazioni nei geni responsabili della malattia. Continue reading

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  • Febbre di Marburg come si manifesta

    Febbre di Marburg come si manifesta

    Una grave malattia emorragica di origine virale come la febbre di Marburg è particolarmente diffusa in alcune regioni dell’Africa subsahariana manifestandosi come una febbre emorragica ad elevata mortalità. Il filovirus appartenente alla famiglia Filoviridae responsabile di con febbre alta, mal di testa, mialgie, artralgie, dolore toracico, faringite, malessere, sorgono poi sintomi gastrointestinali ed a distanza di qualche giorno può comparire un rash cutaneo localizzato soprattutto a livello tronco, in un secondo momento possono manifestarsi petecchie, vomito sanguinolento, epistassi, sanguinamenti dalle gengive e dal retto; i soggetti colpiti da un quadro patologico più grave possono risentire di altre manifestazioni sintomatiche quali: epato-splenomegalia, pancreatite, miocardite, disorientamento, disturbi psicotici, convulsioni e coma. La diffusione dell’infezione virale a diversi distretti anatomici dimostra le capacità del virus Marburg di infettare quasi tutti gli organi, da quelli linfoidi sino all’encefalo, questo perché la trascrizione e la replicazione del virus si verificano nel citoplasma della cellula ospite. La febbre emorragica esordisce improvvisamente e si caratterizza anche per un alto tasso di mortalità, una condizione associata principalmente allo shock cardiocircolatorio dovuto a sanguinamenti multipli e insufficienza multiorgano che può interessare principalmente il fegato ed i reni. Continue reading

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  • Metodo Sahli: metodo colorimetrico per la determinazione dell’emoglobina

    Metodo Sahli: metodo colorimetrico per la determinazione dell’emoglobina

    Il nome del medico svizzero Hermann Sahli è legato ad una moderna concezione della semeiotica medica che prevede l’impiego di analisi chimico-cliniche nel referto di laboratorio e tra le sue scoperte si deve segnalare il metodo Sahli detto anche metodo colorimetrico per la determinazione dell’emoglobina. Il medico svizzero ha inoltre condotto degli studi importanti sulla patologia dell’apparato digerente e del sangue, che hanno determinato la messa a punto di innovative tecniche semeiotiche a cavallo della fine dell’800 e l’inizio del ‘900 quali: il dosaggio dei glucidi nell’urina e nel sangue, la valutazione della motilità e della secrezione gastrica, la determinazione dell’emoglobina. Prima di formulare l’omonimo metodo per la determinazione del contenuto emoglobinico, Sahli si è concentrato su altri strumenti disponibili quali l’emoglobinometro di Gowers, l’emometro di Fleischl-Miescher, l’emospettrofotometro di Vierordt e la pipetta doppia di Hoppe-Seyler, dei metodi che lo studioso e medico svizzero ha definito come poco pratici ma che lo hanno portato a progettare uno specifico strumento per la misura dell’emoglobina (emoglobinometro di Sahli) che resterà in uso nei laboratori ospedalieri per circa settant’anni ossia fino agli anni ’60. Continue reading

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  • Ricambio emoglobinico cosa indica

    Ricambio emoglobinico cosa indica

    Si definisce ricambio emoglobinico, il continuo distruggersi e riformarsi dell’emoglobina e dei globuli rossi a livello ematico indicando così la quantità d’emoglobina che ogni viene distrutta per poi riformarsi in condizioni normali, in modo da determinare una costante quantità di emoglobina nell’arco di tutta la giornata. Invece i soggetti colpiti da condizioni patologiche presentano delle alterazioni per cui la quantità di emoglobina del sangue si distrugge in quantità maggiore rispetto alle condizioni normali, che sia inferiore alla normale, per una riformazione di emoglobina inferiore alla quantità distrutta o per una minore produzione e distruzione della proteina plasmatica, per questa ragione in presenza di malattie è fondamentale determinare la misura del ricambio emoglobinico. Non basta valutare la semplice percentuale della quantità di emoglobina del sangue, è necessario misurare anche la quantità di bilinogeno, ossia del prodotto incolore del catabolismo dell’eme come prodotto terminale della trasformazione della bilirubina, che viene eliminata attraverso l’espulsione delle urine e delle feci; attraverso la determinazione della quantità di bilinogeno giornalmente eliminata dal corpo indica la quantità minima di emoglobina che viene distrutta. Continue reading

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  • Aumento dei globuli rossi rame

    Aumento dei globuli rossi rame

    Tra i minerali indispensabili all’organismo per favorire l’aumento dei globuli rossi bisogna segnalare il rame, in particolare perché permette alle cellule di accedere più velocemente al ferro, accelerando così la produzione di globuli rossi, il ferro a sua volta determina l’incremento dell’apporto di ossigeno nel sangue rendendo più agevole l’espulsione dell’anidride carbonica. Il rame è indispensabile per le cellule del corpo umano visto che consente di accedere alla struttura chimica del ferro necessario per i globuli rossi durante il processo di metabolismo del ferro. Il minerale partecipa alla sintesi dell’emoglobina agendo con il ferro nella formazione della proteina plasmatica contribuendo in questo modo al trattamento dell’anemia; il rame assume un ruolo importante nella respirazione e si dimostra un antiossidante del sangue. Il minerale è indispensabile per il corretto meccanismo di altre funzioni quali: previene l’irrancidimento degli acidi grassi polinsaturi; prende parte alla sintesi dei fosfolipidi, sostanze essenziali nella formazione delle membrane protettive della mielina che circondano le fibre nervose; mantiene in buono stato la membrana cellulare; un ruolo nel processo di ossidazione della vitamina C e collabora con questa vitamina alla formazione dell’elastina, stimola la produzione di collagene ed è una componente fondamentale delle fibre elastiche dei muscoli del corpo; contribuisce alla genesi del neurotrasmettitore noradrenalina; è presente in molti enzimi che scompongono o ricompongono i tessuti dell’organismo; prende parte alla conversione dell’aminoacido tirosina in melanina, il pigmento che determina il colore dei capelli e della pelle; partecipa anche al metabolismo delle proteine ed ai processi di cicatrizzazione; contribuisce a formare una buona struttura ossea; è necessario per la produzione dell’RNA. Continue reading

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  • Legame del 2,3 difosfoglicerato all’emoglobina

    Legame del 2,3 difosfoglicerato all’emoglobina

    Il legame del 2,3 DPG all’emoglobina si verifica quando questa proteina ematica si trova nella forma deossigenata, mentre tale legame si scompone a livello polmonare come conseguenza del legame dell’emoglobina con l’ossigeno. Il 2,3 difosfoglicerato (2,3 DPG) è un composto proveniente da un prodotto intermedio della glicolisi che si concentra principalmente a livello eritrocitario, in quanto i globuli rossi si servono del metabolismo anaerobico lattacido per estrarre energia; nel caso in cui l’organismo si trova in una condizione prolungata di carenza di ossigeno si avvia un aumento della sintesi di 2,3 difosfoglicerato nei globuli rossi. L’aumento di 2,3 DPG all’interno dei globuli rossi riduce l’affinità per l’ossigeno dell’emoglobina ne segue una più facile cessione di ossigeno ai tessuti, il 2,3 bifosfoglicerato non può legarsi all’emoglobina fetale, in quanto non presenta le catene B con cui il 2,3 DPG si congiunge. Continue reading

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  • Emopessina e distruzione dei globuli rossi

    Emopessina e distruzione dei globuli rossi

    Per formulare la diagnosi delle anemie emolitiche si prendono in considerazione diversi dati tra i quali i valori di emopessina plasmatica, una proteina plasmatica che ha la funzione di legare l’eme derivato dalla distruzione dei globuli rossi, l’eme è una molecola funzionale dell’emoglobina incaricata al trasporto dell’ossigeno. Quando i globuli rossi giungono al termine del loro ciclo di esistenza l’empopessina, legandosi al gruppo eme, si assicura il riciclaggio del ferro ma allo stesso tempo si inibisce il danno ossidativo legato alla libera circolazione della molecola nel torrente ematico; sono presente degli specifici recettori per l’emopessina anche a livello epatico in modo che l’eme venga immagazzinato riciclando il ferro ed andando ad inibire l’attività pro-ossidante, questo perché l’eme libero nel sangue entra in contatto con i lipidi di membrana originando radicali idrossilici. La distruzione dei globuli rossi può avvenire normalmente attraverso il processo di eritrocateresi, ma può verificarsi anche un fenomeno patologico, come l’emolisi intra ppure  extravascolare in questo caso l’emoglobina non viene captata ed ossidata in bilirubina dalle cellule del sistema reticolo-endoteliale ma viene separata dall’eme: l’emoglobina si lega all’aptoglobina e l’eme si lega all’emopessina. Continue reading

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  • Glicogenosi da deficit di glucosio-6-fosfatasi: manifestazioni

    Glicogenosi da deficit di glucosio-6-fosfatasi: manifestazioni

    Tra le anomalie ematiche si definisce glicogenosi da deficit di glucosio-6-fosfatasi (G6P) un difetto metabolico dell’enzima glucosio-6 fosfato deidrogenasi a carico dei globuli rossi che risultano suscettibili nei confronti degli agenti ossidanti di natura esogena oppure endogena, in particolare sotto l’azione di farmaci o mediante l’esposizioni da radicali liberi prodotti nel corso di un’infezione. Si evidenzia in questo caso un deficit di ripiegamento delle proteine, della glucosio-6-fosfato deidrogenasi, che determina una mancata protezione degli agenti ossidanti con conseguente emolisi. La condizione patologica si deve ad una disfunzione del sistema della G6P,  un enzima indispensabile per favorire la regolazione della glicemia, si viene a classificare il tipo a se le mutazioni interessano il gene G6PC (17q21), si registra così un deficit della subunità catalitica G6P-alfa a livello del fegato, dei reni e dell’intestino. Sono state classificate diverse mutazioni da ascrivere ai vari tipi di glicogenosi da deficit di G6P, nello specifico le mutazioni nel gene G6PC (17q21) causano un deficit della subunità catalitica G6P-alfa che determina danni solo a livello del fegato, dei reni e dell’intestino delineando il tipo a; quando si riscontrano mutazioni nel gene SLC37A4 (11q23) allora si evidenzia un deficit a carico del trasportatore di G6P (G6PT) o della G6P translocasi, ad espressione ubiquitaria definendo il tipo b. Continue reading

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  • Test di inibizione dell’emoagglutinazione

    Test di inibizione dell’emoagglutinazione

    In campo medico si ricorre ad una prova sierologica come il test di inibizione dell’emoagglutinazione (hemagglutination assay) principalmente per identificare alcuni agenti patogeni in grado di provocare il fenomeno dell’agglutinazione del sangue o meglio dei globuli rossi, questo perché questi microrganismi hanno sulla superficie degli specifici recettori definiti appunto emoagglutinine, capaci di legarsi alla superficie dei globuli rossi. L’emoagglutinazione può essere indotta da virus, batteri, miceti, estratti vegetali, in quanto sulla superficie dei globuli rossi si trovano dei recettori capaci di reagire con sostanze di natura diversa provocando la coesione e la sedimentazione dei globuli rossi in agglomerati. Le più note emoagglutinine sono rappresentate da alcune classi specifiche quali: gli anticorpi anti-eritrocitari, le agglutinine da freddo, le agglutinine calde, diverse componenti di superficie di alcuni virus. L’agglutinazione degli eritrociti è usata per formulare la diagnosi di eventuali malattie infettive, ma anche per determinare i diversi gruppi sanguigni. Continue reading

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